Terminata la funzione militare, nei primi del ‘500, la rocca venne venduta a privati che la utilizzarono soprattutto come cava di ottima trachite. La parte del Colle sopra le chiesette e fino al Torrione era di proprietà dei conti Balbi Valier i quali nei primo del Novecento iniziarono a rinverdire il colle mettendo a dimora di numerose piante da frutto, viti e ulive soprattutto. Quest’ultime venivano frante nel “pestrin” della Pignara dai fratelli Zancanella Agostino e Angelo. Il piccolo colle per qualche anno fu oggetto di grandi progetti di ripristino degli alberi, regolarmente pubblicizzati nel Gazzettino di quel tempo.
La casa Bernardini sulla rocca (con i suggerimenti della figlia Valeria)
Il conte Balbino Balbi Valier era proprietario di una parte del Colle della Rocca e di molte campagne intorno a Monselice, oltre che di un meraviglioso palazzo a Venezia. Poiché cercava una persona di fiducia che si incaricasse di tenere in ordine il Colle, ne curasse il bosco e impedisse il verificarsi di danni (il bosco per esempio veniva saccheggiato per far legna per esempio dagli abitanti del luogo) aveva assunto come operaio agricolo Antonio Bernardini. Inizialmente lo aveva assunto in prova; poi, soddisfatto del suo lavoro e dei risultati evidenti sulla parte alta del Colle, lo aveva confermato e aveva deciso di far costruire per lui e la sua numerosa famiglia un’accogliente casa rurale. Antonio aveva cinque figli (Serena, Sandrina, Nedda, Giovanni e Paolo) e la moglie, Maria Rizzato, era in attesa del sesto (Franca, la più piccola, tuttora vivente e residente a Monselice).
Lo scavo delle fondamenta iniziò il 10 giugno del 1940, giorno dell’entrata in guerra dell’Italia. La casa fu ultimata nel 1942 e una lastra di marmo sopra l’arco del portico riportava l’incisione di questa data (1942). Posta nella parte alta del Colle, la casa si trovava in una bella posizione, al centro di un piazzale di cava ed era sovrastata da un’alta roccia sulla cui sommità si notavano due merli tondeggianti, resti di un tratto di mura medievali. Era suddivisa in tre parti. Al centro il portico, a destra, su due piani, i vani per l’alloggio e la cantina, a sinistra il rustico con stalla, fienile e pollaio. Antonio, con la figlia Sandrina, grande lavoratrice, si occupò di costruire i terrazzamenti del Colle, piantare cipressi e castagni, coltivare le viti e gli ortaggi, allevare le vacche, tacchini, galline, maiali e un’asina. Il conte Balbi elogiava soddisfatto il lavoro di Antonio dicendo che il Colle si presentava così in bell’ordine da sembrare “pettinato”.
Durante la guerra sulla Rocca i soldati tedeschi aveva installato un radar antiaereo. Antonio Bernardini nella roccia sottostante le merlature medievali, retrostante la casa, vista la situazione di guerra e il moltiplicarsi dei bombardamenti, aveva realizzato un rifugio che la famiglia usava quando si verificavano incursioni aeree. Una quindicina di anni dopo, per far fronte ai debiti, il conte Balbi fu costretto a vendere Villa Duodo al conte Vittorio Cini e la famiglia Bernardini lasciò il Colle. Fonte: “La Rocca – Il mio piccolo modo (1942-1945: tra storia e memoria)” di Paolo Bernardini – Giraldi Editore.
La dedica la libro è la seguente: “Ai miei cari che per tanti anni, tra fatica e sudore, sono vissuti sulla Rocca”. Paolo Bernardini è stato il quinto dei sei figli di Antonio Bernardini e Maria Rizzato. Per le necessità quotidiane la famiglia utilizzava un carretto trainato da un asino che seguiva i numerosi muretti a secco che ancora esistono ai margini delle 7 chiesette. La loro strada potrebbe diventare un percorso naturalistico alternativo per accedere alla Rocca. La casa è stata restaurata dalla Regione Veneto, ma non ha ancora una destinazione precisa.
Una seconda abitazione per i custodi venne costruita attorno a Villa Duodo appena sopra la cava di San Tommaso
Il libro di Paolo Bernardini: La Rocca -il mio piccolo mondo (1942-45: tra storia e memoria)
PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI Davide DonatoGiugno 1942: mentre per l’Italia inizia il terzo anno di guerra e Mussolini si mostra fiducioso su quello che potrà esserne l’esito, arriva a Monselice Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del Futurismo. Il grande scrittore, amico del Duce, è giunto appositamente per inaugurare un’importante iniziativa di alcuni giovani artisti locali, seguaci del suo movimento: inviare, dalla centrale di Monselice, delle aeropoesie da far leggere ai nostri soldati impegnati sui vari fronti di guerra. I giovani futuristi, accompagnati dal loro maestro, si portano sul colle della Rocca per lanciare simbolicamente dal Torrione le aeropoesie da loro composte. L’autore, che allora aveva quattro anni, stando seduto sopra l’edicoletta contenente i busti dei conti Duodo, osserva quei giovani mentre dal piazzale della Villa sono in attesa di poter salire la gradinata che consente di arrivare al Torrione. Così coglie l’occasione per farci conoscere alcuni di quei giovani artisti del gruppo futurista “Savaré” che Marinetti apprezzava, incoraggiava e sosteneva. Le vicende che l’autore tratta nel presente libro hanno per sfondo costante la Rocca, il colle dove allora era andato ad abitare, il colle dove erano vissuti e si trovano sepolti i nobili proprietari veneziani, i conti Duodo e i conti Balbi Valier cui, doverosamente, sono riservate alcune pagine non sempre laudative. La seconda parte del libro comprende gli anni 1943-45 quando giunsero sul colle i soldati tedeschi ad occupare la Villa, allora dei conti Balbi, il cui ultimo proprietario, il conte Balbino, aveva assunto come lavorante il padre dell’autore. Di quegli anni l’autore presenta solo alcuni episodi così come allora lui, da quel luogo privilegiato, li ha visti e vissuti, o come li ha sentiti descrivere. Perciò il lettore potrà notare che spesso, e non poteva essere diversamente, certe vicende descritte risultano prive di quella drammaticità che solo un adulto poteva cogliere: i bombardamenti diurni e notturni, i partigiani, le fughe, la vita nei rifugi, i molteplici continui pericoli cui tutti erano soggetti. Il libro, che contiene anche una delicata storia d’amore, si conclude con la fine della guerra, l’arrivo a Monselice degli angloamericani e la fuga dei tedeschi. Un giorno di grande felicità, ma non per tutti. indice del librop. 11 Marinetti Altre info sulla realtà monselicense durante la 2^ guerra mondiale nel Diario di Miran Vettorato [ clicca qui…] |
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